Coapi, in Sicilia va in scena lo sciopero alla rovescia degli agricoltori, dei braccianti e degli operai forestali contro l’abbandono delle terre. Viene operata la manutenzione dei campi abbandonati per la vera prevenzione degli incendi.
Il Coapi – Coordinamento Agricoltori e Pescatori Italiani in Sicilia porta in campagna lo sciopero alla rovescia degli agricoltori e dei braccianti contro la politica che favorisce gli incendi con l’abbandono delle aziende agricole. Agricoltori, braccianti e forestali a Valguarnera hanno messo in sicurezza un tratto di campagna abbandonata lungo un bosco del Parco Floristella, in provincia di Enna con l’utilizzo di un trattore e di un erpice: la pulizia dei terreni vicini ai boschi, come la manutenzione del sottobosco, è fondamentale nella prevenzione degli incedi che negli ultimi anni hanno arso l’isola.
In Sicilia, secondo l’Istat, ci sono ben 600 mila ettari di terreni agricoli abbandonati a causa della crisi della zootecnia, indotta anche dalle politiche sanitarie che da trenta anni tentano invano di eradicare brucellosi e tubercolosi. Venendo meno l’opera di manutenzione del territorio, la Sicilia, oltre ad essere in piena emergenza siccità, è oggi la terra più esposta agli incendi boschivi e delle campagne abbandonate.
“La protesta del Coapi intende suscitare l’attenzione della opinione pubblica proprio sullo stretto legame esistente tra incendi e abbandono delle aziende agricole – sottolinea Gianni Fabbris, portavoce del Coapi.
Salvatore Malannino, agricoltore e presidente nazionale di Altragricoltura, nella conferenza stampa conferenza stampa seguita alla provocazione dimostrativa messa in atto dal Coapi spiega: “Qui a Valguarnera stiamo a dimostrare i danni causati da questa politica che non ha avuto visione e che ha creato problemi nella gestione delle aziende agricole, così che in questa zona ci sono moltissime aziende agricole abbandonate, che determinano il venir meno delle azioni di salvaguardia ambientale operate quotidianamente dagli agricoltori con la manutenzione dei campi e del sottobosco.”
Salvina Russo, imprenditrice agricola ha detto: “Siamo all’interno del Parco Floristella, che dovrebbe essere sito Unesco per la presenza dei primi siti minerari dell’Isola. La tutela del territorio non si può avere con lo spopolamento del territorio, ma le politiche sanitarie non solo hanno impoverito il patrimonio zootecnico, che in provincia di Enna è stato decimato, così che queste aziende sono state costrette ad abbandonare e a non custodire il territorio. Mancando la figura dell’allevatore e dell’agricoltore gli incendi si intensificheranno. I Canadair quest’anno potrebbero non volare, perché non hanno dove prendere l’acqua sul territorio, per la siccità che ne ha lasciata pochissima negli invasi. Gli incendi si sviluppano dal sottobosco, l’intervento a terra dell’Uomo è necessario innanzitutto nella prevenzione e poi nello spegnimento. Siamo in provincia di Enna ottimi produttori, con 8 tra Dop e Igp, il prossimo anno la Sicilia sarà capitale europea dell’agroalimentare, occorre sfruttare questa occasione per valorizzare il territorio, i nostri prodotti e chiedere soluzione di questi problemi”.
Sebastiano Lombardo – Rete interregionale Salviamo l’allevamento di territorio afferma: “Fino a non molto tempo fa qui si svolgeva la transumanza delle mandrie, che consentiva un oggettivo controllo del territorio. La politica ha invece smantellato le aziende allevatoriali che – insieme al lavoro degli operai forestali – garantivano la pulizia del sottobosco e delle aree intorno ai boschi, evitando così gli incendi. La gestione oggi di questo territorio è nelle mani di chi sta dietro le scrivanie: in provincia di Enna ci sono ben 13 focolai di tubercolosi negli animali, la maggioranza di quelli presenti in tutta la Sicilia, di conseguenza mancano gli allevatori e gli agricoltori a tutela del territorio”. Ma non basta, Lombardo sottolinea come “l’invasione indiscriminata dei cinghiali ha poi aggravato la situazione, con la distruzione sistematica dei raccolti. La provincia di Enna è stata l’unica non presente ai tavoli tecnici regionali dove è stato pianificato il controllo delle popolazioni di cinghiali, la politica deve tornare a gestire i territori ricordandosi del ruolo di agricoltori e allevatori”.
Filippo Areno, presidio di Lotta Agricoltori di Valguarnera ci va giù duro: “Nella provincia di Enna ci hanno messo le forze dell’ordine contro, siamo sotto lo sperone degli uffici della Asl che ci impongono come dobbiamo tenere gli animali. I politici poi cercano solo volti: è normale che con una grave siccità loro pensano solo a come dividersi la torta? Mi rivolgo alle associazioni di categoria, ma non vi vergognate? Non abbiamo ancora preso un euro da febbraio per la siccità! Negli ultimi anni la mafia l’abbiamo trovata nei palazzi. Politica e organizzazioni? Si stano solo sbranando per dividersi i soldi del fieno”.
Pippo Cardaci – allevatore –lancia il suo appella accorato: “Siamo morti di sete prima dell’estate, non possiamo comprare l’acqua dal contatore della famiglia per dare da bere agli animali. Ci sono centinaia di aziende che stanno per andare all’asta, per i debiti. Cerchiamo politici competenti, che ci diano la possibilità di rilanciare le nostre aziende. Siamo terra di pastorizia, non siamo secondi a nessuno, ma ci stanno distruggendo le aziende per via delle politiche sanitarie: gli abbattimenti per Tbc e brucellosi continuano”.
Maurizio Grosso – segretario generale del SIFUS, sindacato dei braccianti e dei forestali siciliani, dice: “L’acqua come il fuoco sono emergenze messe in piedi dalla politica: in Sicilia abbiamo oltre 60 dighe, molte non sono state neppure collaudate e siamo nella Regione dove lo scorso anno si perdevano 31 progetti su 31 sull’ammodernamento delle reti irrigue sul Pnrr. Se si fosse fatta prevenzione, secondo le necessità del ciclo biologico della natura, oggi non avremmo il problema di razionare l’acqua anche alle famiglie, un problema creato a bella posta.”
“Con il disaccoppiamento dei Premi Pac, il lavoro di pulizia degli animali nei boschi non viene più fatto, poi il lavoro degli operai forestali non viene esercitato nella maniera che le piante richiedono, si preferisce affidare denari pubblici ai Canadair, che quest’anno dovranno prendere acqua a mare, che insieme ai ritardanti che mettono nei serbatoi creeranno solo il deserto. Se crediamo nel cambiamento della Sicilia e dell’Italia dobbiamo offrire una via di fuga, una capacità di mettere in piedi un percorso virtuoso anche nei palazzi, che fino ad oggi non hanno saputo dare risposte ai problemi reali degli agricoltori e degli allevatori siciliani.
1 commento
L’agricoltura italiana è una risorsa per il nostro paese non un problema.